La scala, oltre agli aspetti di natura formale e costruttiva, deve rispondere, in maniera determinante, alla usabilità pedonale. Sarà quindi il passo (P), l'unità di misura su cui imperniare ogni dimensionamento di una scala, per meglio connotarla alla sua precipua funzione. Tale impostazione progettuale non è, naturalmente, un concetto del tutto moderno. Anzi su tale presupposto, anche se inconscio inizialmente, è da sempre, impostata ogni costruzione di scala. E' chiaro, d'altro canto, che il compendio di nozioni e conoscenze attuali ci permette di intervenire metodologicamente in maniera più razionale e pertinente da come tale problema veniva impostato e risolto dagli antichi, ma dobbiamo anche rilevare che, di tale rispondenza progettuale, avvertita come elemento determinante, sono state tentate regolarmente anche ai primordi del costruire....
Vitruvio fa risalire a Pitagora il primo rapporto di connessione fra alzata (a) e pedata (p) di un gradino e, naturalmente, data la fama di tale risolutore di triangoli, gli attribuisce un modello di gradino triangolare legato al“triangolo sacro”, cioè al triangolo rettangolo avente i lati uguali a 3,4 e 5.
Con tale rapporto si avevano scale molto inclinate (37° circa), ma non era fra le preoccupazioni degli antichi costruttori, connettere la comodità con l'uso della scala, mentre rientrava nel concetto progettuale, particolarmente per le scale interne, attribuire il minore spazio possibile alla gabbia. Per ritrovare, anche dopo i romani,altre considerazioni parametriche sul rapporto fra (a) e (p) bisogna risalire al Rinascimento.
I trattatisti chi più e chi meno, (Palladio, Serlio, Scamozzi, Vignola) che riallacciandosi a Vitruvio, codificando il costruire, si interessano della cosa, per la maggiore parte, collegano il rapporto a/p a numeri semplici, per esempio 1 e 2, secondo i soliti riferimenti triangolari; come appunto fa lo Scamozzi, che propone la metà del triangolo equilatero. Occorre però arrivare al Milizia che, sul finire del XVIII secolo, riesce a impostare in maniera nuova e moderna tale rapporto, introducendo, per la prima volta, un concetto dimensionale dei gradini legato agli sforzi di movimento connessi con l'incedere, precisando che lo sforzo di alzata assume un valore doppio nei confronti della pedata. A partire da tale precisa e giusta ipotesi, poi suffragata dai recenti studi e rilevazioni statistiche, il passo dell'uomo entra quindi come elemento basilare e scientifico nella progettazione delle scale. Moderni studi, che hanno addirittura analizzato il dispendio energetico espresso in calorie nella traslazione sia orizzontale che verticale degli arti inferiori, hanno permesso di convalidare l'intuizione empirica enunciata dal Milizia, già intuita dal Branca, e rivista da Blondel, arrivando a definire che il dispendio energetico necessario per traslare orizzontalmente un piede, eseguendo un passo comodo, corrisponde (non con assolutezza matematica) a quello per sollevarlo verticalmente di una misura uguale alla metà dell'ampiezza in orizzontale.
Se attribuiamo quindi l'intero dispendio energetico di un passo per metà alla traslazione orizzontale e per metàalla traslazione verticale, visto che in senso verticalela traslazione è metà di quella orizzontale possiamo definire, utilizzando gli elementi caratterizzanti il gradino a e p, con p + 2a l'equivalente energetico di un passo in forma dimensionale. Da cui deriviamo la P=2a+pi Formula fondamentale per il dimensionamento di una scala, conosciuta come “regola di Blondel”. Nella quale, P può assumere il valore massimo di cm 67 per scale veloci e con alzata limitata intorno a cm 15; sarà da considerare di cm 63-65 per tutte le scale comuni di uso corrente con alzata possibilmente non superiore a cm 17; e scendere fino ad un minimo di cm 62 per scale di uso più limitato, per scale di lavoro e servizio, ove l'alzata possa anche superare i cm 18. Però questa regola, specie sulle piccole altezze di alzata, conduce
a dei risultati insoddisfacenti; infatti è abbastanza facile dimostrare che applicando la formula con valore nullo di alzata, la lunghezza della pedata dovrebbe essere quella del passo normale su terreno piano ed il valore di 63-65 cm è troppo corto, analogamente in una scala i cui gradini fossero 10x 44 cm la punta del piede tende ad urtare sull'alzata.
Nel tentativo di ovviare tale inconveniente, l'architetto Andrè Hermant ha trovato un'altra formula per proporzionare i gradini partendo, in uno studio del movimento di salita delle scale, dai presupposti e dalle considerazioni seguenti:
a) più si cammina svelti più il passo si allunga, questo nei limiti normali di marcia e velocità e cioè a velocità compresa fra gli 1,5 ed i 6 km/h; passando da un ritmo di due passi al secondo al ritmo di un passo al secondo, la lunghezzadel passo diminuisce da 84 a 42 cm.
Da queste considerazioni risulta che il numero dei passi al secondo resta uguale alla lunghezza del passo moltiplicato per 0,024; b) qualsiasi sia la pendenza la velocità resta costante e si ammette per velocità media di elevazione quella di 15 cm/s, equivalente a circa un gradino al secondo, velocità che può essere mantenuta lungamente, come se fosse una marcia prolungata su terreno piano. Da queste premesse si è dedotto che il prodotto del passo per l'altezza salita avrebbe un valore costante espresso dalla formula hP =600 (ove h =altezza e P =passo). La misura del passo
viene effettuata seguendo l'inclinazione della scala. Questa formula, che conduce a proporzioni diverse da quelle ottenibili con la formula di Blondel, può essere adattata anche a condizioni differenti abbastanza agevolmente.
Anch'essa ha dei limiti, poiché è basata su una proporzione velocità e lunghezza del passo e perciò essa è valida solo entro i limiti inferiore e superiore del passo e cioè fra gli 85 ed i 40 cm circa. Al fine di concedere un raffronto fra le formule di Blondel e di Hermant, si è cercata una formula semplice che si avvicinasse il più possibile alla curva hP =600 ed è stato proposta questa: 3a+p=80.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, una scala salita lentamente deve avere, ad alzate uguali, pedate più corte di una scala salita velocemente. Infatti se la velocità di ascensione diminuisce da 15 cm/s a 10 cm/s il valore hP=600 si riduce a quello di hP=400 e poiché la costante, nella formula per le scale percorse lentamente, deve essere diminuita in funzione della velocità, si ottiene il valore 73 passo che, sostituito nella formula proposta, la modifica nel modo seguente: 3a+p=73 e che serve per calcolare scale da percorrere con moto rallentato.
Applicandola, infatti, si ottengono gradini da 16x25 cm invece che da 16x32 cm, come si otterrebbe con la formula normale e nella pratica si ha la conferma della validità dell'ipotesi. A conclusione di quanto è stato detto sino ad ora, viene raccomandato di non oltrepassare i seguenti valori: minima larghezza delle pedate 27,9 cm (escludendo le scale ad alzata aperta), massima larghezza della pedata 38,1 cm; massima altezza dell'alzata 19,7 cm; minima altezza dell'alzata 15,2 cm. Vi sono casi particolari di scale destinate al passaggio di bambini, come negli asili, o in scale destinate al servizio di abitazioni per anziani, in cui le proporzioni possono venire variate tenendo presente che il passo dei bambini in età dai 4 ai 6 anni varia da 35 cm a 55 cm e che l'alzata, negli asili, normalmente deve essere tenuta non maggiore di 12.14 cm. Per quanto, in tal caso, la soluzione più efficace risulta quella di sostituire le scale con rampe a pendenza continua contenuta fra i 12° ed i 16°, oppure con gradonate, ma sempre proporzionate al passo ridotto dei bambini. Nel caso delle scale per persone anziane, si devono proporzionare alzate e pedate tenendo conto della loro ridotta efficienza fisica e mantenendo sempre i rapporti il più comodi possibili.
Articolo tratto da "LE SCALE" Dibaio Editore
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